MICHEL
GIUGHESE
Sono felicemente attratto dagli specchi, oggetti di piacevole interesse per l’essere umano.Quando li tocco immagino di trasferire parte della mia energia a questo oggetto inanimato, come se la mente e poi la mano creassero una connessione con essi, prima di diventare frammenti.
La distruzione della lastre o dei pezzi è il principio di creazione che permette di far nascere qualcosa.La rottura che normalmente è la fine di un percorso, sopratutto per uno specchio, in questo caso è l’esatto opposto: “ E’ l’inizio.. è la nascita di qualcosa di nuovo che grazie alle sue mille imperfezioni crea un’armonia a primo impatto perfetta.Quella rottura genera qualcosa di unico, impossibile da plagiare perché infinitamente imperfetto.Vicini tra loro si esaltano l’un l’altro e sapientemente collocati prendono vita raffigurando le cose più svariate, stimolando la parte più creativa della mente che repentina cerca di capire e dare un senso figurativo a quei frammenti
Come squarci nella mente ...
di Mirella Coricciati
Specchi esplodono in fughe, trame e ritmi.
Michel Giughese segna i confini di un’apparenza, in ogni sua opera, un legame con la tradizione astratta italiana del mosaico,
che ha prodotto alcune delle elaborazioni linguistiche più importanti degli anni sessanta e settanta. Michel Giughese segue più ricerche, alterna le forme, sviluppa idee, riprende e continua cose già affrontate su cui torna a raccontare nudità umane.
Lo specchio come metafora dell’ebrezza e del degrado.
Nelle sue opere una linea di leggerezza fatta d’intelligenza, del pensiero che si sposa col decoro.
L’opera è lussuosa ma povera. Può sembrare decorativa in realtà è un lavoro profondo perché fa emergere il lato superficiale con immediatezza, ma poi lo spettatore si scontra con le sue sfaccettature di forza e debolezze.
Con gli specchi si riformula una nuova visione, la provocazione è di guardare l’oltre, vedere quell’invisibile che è dentro nascosto nel buio più profondo, fra il conscio e l’inconscio.
“Si usano gli specchi per guardarsi il viso e si usa l’arte per guardarsi l’anima” diceva George Bernard Shaw.
Il percorso artistico di Michel Giughese inizia osservando i riflessi naturali della luce sulla superficie dello specchio e pensando di ampliare le possibilità operative, trova così nello specchio uno strumento ideale d’espressione, è affascinato da questo materiale perché esso stesso si rivela come sorgente di luce.
Questi particolari specchi, impiegati a livello industriale, realizzano la scomposizione di un fascio di luce bianca o fasci colorati complementari fra loro. Ad ogni spostamento dello spettatore o dello specchio la luce e il colore cambiano.
L’intensità della luce riflessa produce un forte coinvolgimento di tipo emotivo.
L’immagine riflessa dello stesso spettatore è parte dell’opera, un esercizio artistico per lo spettatore dove poter esprimere un percorso evolutivo, del proprio se è del proprio pensiero, con essa è possibile giocare, sognare o interagire.
È tutto ciò che si riflette (la luce stessa )a porsi come soggetto e oggetto del linguaggio;
i suoi sono specchi tagliati come squarci nella mente.
in collaborazione con